Il tetraidrocannabinolo, ovvero il THC – chiamato comunemente in questo modo, ma tecnicamente identificato con il nome scientifico delta-9- tetraidrocannabinolo – è uno dei complessi molecolari più famosi e tipici delle infiorescenze di cannabis, che prende il nome di marijuana. Questo sistema di molecole agisce fondamentalmente sul sistema nervoso, sia centrale che periferico, e per questo – da alcuni anni, in tantissimi Paesi del mondo – viene utilizzato anche come farmaco naturale per contrastare una serie di malattie e per contenere gli effetti e i sintomi di alcune patologie. Negli ultimi anni, anche l’Italia ha iniziato ad utilizzare la cosiddetta marijuana terapeutica, anche se deve superare ancora diverse limitazioni (che però non ha nulla a che fare con la legalizzazione della marijuana in Italia destinata a uso ricreativo.
Oltre al tetraidrocannabinolo, la pianta di cannabis contiene anche il CBD, ovvero il cannabidiolo con cui vengono creati oli specifici e integratori alimentari, che – a differenza del primo – non ha effetti psicotici e -per questo – è assolutamente e completamente legale, nonché utilizzato in tantissimi prodotti per la cura della pelle e della persona e in diverse tipologie di integratori alimentari. Le molecole del THC e quella del CBD sono le più importanti in assoluto, quelle che caratterizzano la pianta di cannabis e da cui scaturiscono tutti i suoi effetti benefici. Nello specifico, la molecola che determina l’effetto farmacologico è il THC, per questo è fondamentale la prescrizione medica, che ne controlla e raccomanda sia l’utilizzo che il dosaggio, mentre l’altra – il CBD – serve per armonizzare gli effetti della prima.
Il THC, unito al CBD, genera normalmente un’azione antidolorifica e – allo stesso tempo – rilassante; le molecole della cannabis, infatti, si legano e interagiscono con i recettori endocannabinoidi, proteine particolari che regolano alcune funzioni, come la memoria e l’umore, ma hanno una importante azione anche nel regolare il dolore. Accanto al THC e al CBD esistono poi anche i terpeni e i flavonoidi, che contribuiscono a rafforzare il legame e, quindi, anche l’azione farmacologica delle altre due molecole principali.
Questa pianta, quindi, e in particolare il complesso molecolare del THC viene utilizzato come farmaco per una serie di patologie e sintomi, come – ad esempio – per il controllo del vomito, la sensazione di nausea e per stimolare l’appetito nei pazienti che effettuano cure chemioterapiche. Ma c’è di più; come anticipato sopra, il THC – unito al CBD – è utile anche per controllare il dolore cronico, soprattutto in coloro che soffrono di sclerosi multipla, epilessia e sindrome di Tourette.
Ma come funzionano queste molecole? E come si attivano?
Per far in modo che i cannabinoidi della pianta di cannabis possano effettivamente esercitare la loro azione benefica e farmacologica, è fondamentale che le infiorescenze vengano decarbossilate: devono cioè affrontare il processo di “decarbossilazione”, ovvero subire il riscaldamento e superae i 100 gradi centigradi. Per questo, tra i sistemi di assunzione del THC farmacologico più utilizzati c’è la vaporizzazione o l’infusione, ma la scelta varia a seconda della tipologia di prodotto prescritto.