Canapa multifunzionale per il recupero di terreni da metalli pesanti

La canapa è conosciuta per le sue proprietà di fitorimediazione, che le permettono di ripulire i terreni  – e potenzialmente anche le acque –  dai metalli pesanti e che in questo è aiutata da un rapido tasso di crescita superato solo dal bambù, un’alta tolleranza allo stress e un sistema di radici di 2,5 metri che penetrano in profondità, oltre al fatto che come coltivazione è in grado di “sequestrare” 22 tonnellate di anidride carbonica per ettaro, superando qualsiasi foresta o coltura commerciale.

E’ la doppia rivincita della canapa: da unica pianta resa illegale nella storia dell’umanità, a una delle migliori risorse eco-compatibili per affrontare i problemi di inquinamento e tra le le migliori piante in grado di porre riparo ai disastri ambientali scellerati causati proprio dall’uomo.

L’ultimo esempio delle ottime doti di fitorimediazione di questo vegetale, e cioè la sua capacità di assorbire i metalli pesanti dal terreno e di stoccarli al suo interno, arriva dal Sudafrica, dove Tiago Campbell, studente del master in scienze ambientali dell’Università di Witwatersrand che sta facendo ricerche sulla canapa come strumento per ripulire il cuore industriale avvelenato del paese, sottolineando che: “La scala di tossicità dell’ambiente non è stata veramente compresa”.

Non solo, perché “come iper-accumulatore di metalli pesanti si distingue dai suoi pari di fitorimedio che includono senape indiana, giacinto d’acqua, erba medica e girasole, dal suo potenziale di creare mercati secondari“, dice Campbell.

Le preoccupazioni per la salute per la cannabis raccolta con metalli pesanti la escluderebbero automaticamente dal settore medico o ricreativo, ma la ricerca di Campbell suggerisce che il metallo pesante “viene estratto in quantità non tossiche o pericolose per gli esseri umani e che ci danno la possibilità di bloccare quei metalli pesanti in prodotti fatti da quelle piante”.

Dall’Italia all’estero: gli esempi precedenti e la possibilità di estrarre i metalli pesanti dalla pianta

I ricercatori italiani hanno anche ventilato l’ipotesi di recuperare, in purezza, i metalli pesanti che la pianta assorbe, per rimetterli sul mercato ed evitare di creare nuovi siti di estrazione, con tutte le problematiche che comportano.

Se gli studi saranno possibilisti, si chiuderebbe un cerchio non da poco: quello di bonificare i terreni resi tossici dalle attività umane nelle miniere abbandonate, e restituire gli stessi metalli pesanti senza dover più estrali dal terreno, preservando le preziose risorse e l’ambiente.

Oltre all’esperienza italiana, ci sono già diversi studi ed esempi delle potenzialità fitorimediative della canapa nel ripulire i terreni. La prima esperienza per la canapa come iper-accumulatore è stata quella per i metalli pesanti della zona di fall-out nucleare di Chernobyl negli anni ’90. L’Istituto ucraino che ha documentato l’intervento ha scoperto che la cannabis aveva una “capacità molto alta” di aspirare metalli pesanti come piombo, nichel, cadmio, zinco e cromo.

La tecnica è stata adottata in India per neutralizzare la contaminazione da metalli pesanti degli stabilimenti tessili di Rawalpindi ed è stata presa in considerazione dopo la fusione nucleare di Fukushima del 2011 in Giappone, ma le leggi di proibizione della cannabis imposte dagli USA erano troppo onerose per essere superate.

Fonte: www.canapaindustriale.it

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