Il tema della legalizzazione delle sostanze estratte dalla cannabis ha sempre rappresentato un argomento di grande attualità e ancora oggi, nonostante la situazione sembri stabile, continua ad essere al centro di diverse discussioni.
Tuttavia, la situazione per quanto riguarda il CBD, ossia l’olio estratto dalla canapa sativa, sembra essere ormai chiarita: il CBD è considerata una sostanza legale. Naturalmente, deve rispondere a diverse normative e a differenti regolamentazioni che variano da Paese a Paese.
La situazione in generale
Nel 2020 la Corte di Giustizia Europea ha affermato che i cannabidioli non possono essere considerati una droga, questo secondo la convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti. Va fatta chiarezza, però, sulla differenza tra CBD e THC. il primo, infatti, non è considerata una sostanza psicotropa e il suo commercio, così come il suo utilizzo, è legale sia in Italia che in Europa purché si rispettino le quantità all’interno di ogni prodotto previste dalle normative diverse da paese a paese.
Diverso invece è il discorso per il THC, il quale invece viene considerato come sostanza che ha forti effetti anche sullo stato mentale dell’individuo che la assume. In alcuni paesi, come ad esempio in Italia, è consentita la sua presenza solo nella percentuale dello 0,5% all’interno di ogni prodotto; superata tale soglia la vendita e il consumo di THC sono considerati illegali.
Tornando a parlare di CBD, che è quindi legale in gran parte degli stati europei, da considerare anche la normativa che tratta la sua commercializzazione tra le diverse nazioni. Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del CBD legalmente prodotto in un altro stato, anche se può limitarlo in qualche modo, ad esempio ponendo delle rigide regole per quello che riguarda la concentrazione di questa sostanza all’interno dei prodotti o il metodo di commercializzazione.
CBD: la situazione in Italia
Nel nostro paese è autorizzata la lavorazione di una sola varietà di canapa, ossia la canapa sativa. È da questa che si ottengono prodotti di vario genere, tra cui alimenti, cosmetici, infiorescenze, polveri, oli e gocce. La differenza sostanziale rispetto agli altri stati, però, la fa la possibilità di lavorare la pianta sativa in tutte le sue parti. Questo vuol dire che non c’è distinzione tra fiori, semi o foglie della pianta che possono essere utilizzati per fare tutti i prodotti poi commercializzabili.
Nonostante l’utilizzo del CBD in Italia sia non soltanto legale ma anche generalmente ben tollerato dalle istituzioni, non è raro trovare ancora dei movimenti e delle associazioni che si battono non tanto per la legalizzazione di questa sostanza quanto per un aumento della concentrazione di THC all’interno dei prodotti consumabili.
CBD: la situazione in Europa
A differenza dell’Italia, in molti paesi europei la legalizzazione del CBD sono sottoposti a normative leggermente diverse. In particolare, ci si concentra sulle parti della pianta di canapa sativa che possono essere lavorate per ottenere gli estratti di CBD. In Europa non è consentita la lavorazione dei semi e dei fiori della varietà sativa. Tutte le sostanze da essa ottenuta, quindi, dovranno derivare principalmente dalle foglie. Non c’è distinzione, invece, per quello che riguarda il dosaggio in percentuale all’interno dei prodotti. Ci sono alcuni Paesi, però, dove queste norme differiscono anche se di poco ed è, ad esempio, consentita una concentrazione maggiore sia di CBD che di THC all’interno di determinati prodotti. In questi paesi anche le attività commerciali che vendono CBD hanno generalmente dei ricavi maggiori.
Fonte:www.laprovinciakr.it