Da alcuni anni il suo nome è associato – in Italia e in Europa – alla cannabis terapeutica ed è proprio lo studio di quest’ultima che, come è lui stesso a raccontarci, gli ha permesso di vivere “una seconda vita professionale”. Ascoltandolo nel corso dell’episodio, infatti, ci sembra di parlare con un giovane universitario sulle ali dell’entusiasmo mentre ci racconta quello che ha imparato alla fine di una lezione. E invece stiamo parlando di un medico con quasi quarant’anni di carriera che le lezioni (sulla cannabis terapeutica) le tiene nelle università in giro per l’Italia.
L’INCONTRO CON LA CANNABIS TERAPEUTICA
Bertolotto dirige da anni il centro di terapia del dolore e cure palliative dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure e dell’Asl2. Ma la sua attenzione, nell’ultima parte della sua carriera, si è focalizzata sulla terapia del dolore con cannabis: ““Io mi interesso di dolore cronico, che è considerata una vera e propria malattia – spiega -, per questo siamo da sempre alla ricerca di nuove terapie da sottoporre ai nostri pazienti. Purtroppo le terapie di cui disponiamo non sono moltissime, il ventaglio non è così ampio, quindi siamo sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Tra queste novità ho approcciato la cannabis, tra il 2014 e il 2015, periodo in cui avevo letto un po’ di articoli su questo tema”.
E di articoli (scientifici) su questo tema ce ne sono davvero tanti. Basta accedere al portale PubMed (utilizzato dai medici come Bertolotto
per le ricerche) e scrivere “cannabis terapeutica” nel motore di ricerca per ritrovarsi di fronte a qualcosa come 26 mila lavori pubblicati sul tema.
Eppure, come scopriremo tra poco, non sono pochi i colleghi di Bertolotto che guardano con diffidenza a questo “nuovo” approccio terapeutico.
PAZIENTI, MEDICI E POLITICI
Quando si parla di cannabis terapeutica dobbiamo considerare che gli attori in campo sono almeno tre: i pazienti, i medici e i politici (o la politica).
Sono sempre di più le persone che chiedono di sottoporsi ad una terapia con cannabis. Bertolotto ha una lista di attesa lunghissima che percorre tutto lo Stivale e sconfina anche oltralpe: “La cannabis si rivolge oggi a quelle persone che hanno trovato insuccesso terapeutico con le altre terapie – ci dice nel corso del podcast – e non solo nel tema del dolore. Il paziente che arriva oggi è un paziente documentato. A volte è preparato ma non ha gli strumenti per capire a fondo il tema. Però non è uno sprovveduto come anni fa. Oggi si mette nelle tue mani e vuole giustamente approfondire”.
Poi ci sono loro, i medici: “Quando parliamo di cannabis terapeutica, Il medico e la medicina sono indietro – racconta il dottore -. La medicina è molto legata al farmaco, all’industria farmaceutica e all’aggiornamento che fa l’industria. E così anche l’università. Quindi questo è un punto di debolezza”.
Chiediamo a Bertolotto di spiegarci una frase che abbiamo letto sul suo sito internet: “Il medico di fronte alla cannabis deve avere tre caratteristiche: umiltà, curiosità, obiettività”.
“Deve essere umile perché tu, medico, non devi avere l’arroganza di chi dice io ho in mano una terapia e ti risolvo il problema – continua -, anche perché non è così. Tu hai in mano una opportunità che devi dare al paziente. La cannabis è una terapia da fare su misura, il medico è un sarto. Non vende un prodotto standard. Poi il medico deve essere curioso perché ti si apre un mondo tutto da scoprire. I medici all’università non studiano il sistema endocannabinoide e spesso si sente parlare di cannabis solo con riferimento alla droga e alla dipendenza. Quindi la curiosità è tutto. E poi devi essere obiettivo, quindi non devi avere pregiudizi. Per un medico questo è un requisito fondamentale”.
LO SCETTICISMO DEI CAMICI BIANCHI DEL “NO EVIDENCE”
Bertolotto è uno di quelli che nel 2019, escludendo il periodo estivo, nel corso di ogni weekend dell’anno ha partecipato ad almeno un convegno/congresso in giro per l’Italia e per l’Europa in qualità di relatore. Il confronto con i suoi colleghi è, in poche parole, il suo pane quotidiano.
Anche perché il mondo della cannabis terapeutica è un mondo piccolo. Gli esperti del settore in giro per il mondo, in pratica, si conoscono tutti.
Ma quando si parla di cannabis terapeutica, tra i camici bianchi i pareri spesso si dividono: “Solitamente chi non è favorevole fa notare almeno due aspetti – spiega Bertolotto -. La prima cosa che ti dicono è che non c’è evidenza. Ma questo è sbagliato, anche perché è inutile dire che non ci sono studi randomizzati per la cannabis, anche perché non ci possono essere. E poi ti dicono che non ci sono lavori scientifici. Ma anche questo non è vero, e lo abbiamo visto quando abbiamo parlato del portale PubMed con la pubblicazione di migliaia di lavori scientifici. Solo nel 2021 ne sono stati pubblicati quasi 2.500”.
Alla fine vuoi vedere che tutti questi dubbi sono – in verità – tutte scuse? Bertolotto ne è convinto: “Sono tutte scuse – sostiene il medico -. La verità è che ti devi mettere lì e studiare tantissimo, con fatica e umiltà, e devi avere la voglia di imparare. E più studi il sistema endocannabinoide più capisci quanto sei ignorante. Non solo in questa materia ma in tante materie. Il sistema è presenta in ogni nostra cellulare. Devi riprendere in mano tutta la medicina. È un lavoro complesso”.
IL DRAMMA DELLA POLITICA: “LA LEGGE C’È, MA NON VIENE APPLICATA”
Quella tra la cannabis terapeutica e la politica (intesa come Governo “che fa” – e non applica – leggi) è una storia tutta all’italiana. Partiamo dal presupposto che nel 2014 è uscita in Italia una norma interessante che consente di curare i pazienti utilizzando la cannabis per un elenco di patologie ben determinate. E tutto il mondo ha guardato all’Italia, che in quel momento e grazie a quella norma apriva a importanti sperimentazioni. Così le maggiori aziende produttrici di cannabis del mondo sono venute in Italia per investire.
Volete sapere com’è andata finire? Ve lo facciamo dire dal dottor Bertolotto: “Le aziende, grandi aziende provenienti dall’estero, dal Canada e dagli Stati Uniti, sono state mandate tutte via”.
A questo punto vi starete giustamente chiedendo perché: “Perché abbiamo fatto una bella norma, una legge interessante, ma poi non la applichiamo o la applichiamo male – è il parere di Bertolotto -. Noi siamo partiti per tempo ma adesso siamo il fanalino di coda. La Germania è arrivata dopo di noi e ha una norma simile alla nostra con la differenza che il governo tedesco appoggia e fa funzionare questa legge. E tutto questo in termini di Pil vuol dire qualche punto, perché vuol dire alta tecnologia, è un nuovo modo di fare ‘industria farmaceutica’. Siccome in Italia in tema di industria farmaceutica siamo avanti nel mondo, era una opportunità, ed è una opportunità straordinaria. Però la politica su questi temi si divide, non decide. Abbiamo avuto governi di tutti i tipi, ma non è cambiato nulla”.
Bertolotto, che un po’ di politica ha masticato (è stato presidente della Provincia di Savona), non usa parole dolci: “La politica è un dramma – spiega – perché la politica non approfondisce. I politici tendono a non studiare, anche perché ultimamente si arriva alla politica attraverso altre vie, non attraverso lo studio e l’esperienza”. E il problema, come abbiamo detto, è che il tema della cannabis richiede proprio un fattore indispensabile: lo studio.
UNA TERAPIA “SENZA BANDIERE”
“La politica è fatta di pregiudizi. Spesso si dice a sinistra sono per la cannabis mentre a destra sono contro. Ma perché? Dov’è il senso di queste affermazioni quando stiamo parlando di persone ammalate che votano sia destra che a sinistra?” si domanda il medico.
Ai produttori di cannabis che vogliono entrare nel mercato la legge detta dei parametri. Occorre, in pratica, un permesso che deve essere rilasciato dal Ministero competente: “Il nostro istituto farmaceutico (unico autorizzato in Italia) ne produrrà 100/150 kg, non di più. Per il resto poi siamo autorizzati a comprare la cannabis dal Ministero della salute olandese. Che a sua volta se la fa produrre da una azienda privata. Noi la compriamo da loro e siccome neghiamo la nostra incapacità di produrre, non ne ordiniamo un anno per l’altro e per il quantitativo che ci serve, ma ne ordiamo una parte. E quindi tutti i mesi siamo senza la cannabis. L’Olanda, negli ultimi anni, si è stufata di dover dire che tutti i mesi gliene ne ordiniamo 500 kg e poi me gliene chiediamo mille. Quindi ogni mese ci dà i 12esimi dell’ordinato. Quindi se noi gliene ordiamo 1200 kg, alla fine ne riceviamo 100kg”.
La conseguenza? Semplice: “I nostri pazienti rimangono senza terapie e la domanda è in crescita. Ma è una cosa senza senso – spiega Bertolotto -. Prendiamo un paziente con diabete. Possiamo dirgli che questo mese non avrà la terapia perché l’azienda non produce più il farmaco che gli serve? Alla fine ci ritroviamo con malati di serie A, che sono i pazienti con tutte le loro terapie, e quelli di serie B, che sono quelli in cura con la cannabis”.
LA POLITICA SORDA CON I MALATI E IL MESSAGGIO A CINGOLANI
“Abbiamo chiesto più volte di parlare con i vari Ministri ma non ci ha mai preso in considerazione nessuno. Abbiamo provato a passare attraverso tutti i sistemi possibili, ma niente. Non gli interessa nulla”. È il triste commento di Bertolotto.
Ma c’è di più. Anzi, di peggio: “Non ascoltano noi, medici o ricercatori, così come non ascoltano le associazioni dei malati. Di governi sinora ne abbiamo visti di tutti i colori e di tutti i tipi, ma nei fatti non è mai cambiato nulla. Arrivare a Draghi sarà impossibile, ma speriamo che almeno uno come il Ministro Cingolani, che ha fatto parte dell’Istituto Tecnologico Italiano di Genova, si concentri su questo tema” è la speranza del dottore.
“Anche perché sulla cannabis – spiega ancora Bertolotto – c’è tantissima innovazione tecnologica. Per questo sarebbe interessante arrivare al Ministro per dirgli che mettere la testa su questo tema non sarebbe tempo perso. E poi la legge c’è già. Dobbiamo solo applicarla”.
IL FUTURO SECONDO BERTOLOTTO
Nel futuro il medico savonese vede almeno due cose. La nutrizione e il sistema endocannabinoide: “Lì dentro c’è tantissimo futuro – conclude -. Dobbiamo pensare che la cannabis terapeutica non è soltanto un modo per risolvere i problemi della gente malata, ma è anche una incredibile opportunità economica per il nostro Paese. I maggiori ricercatori su questo tema sono italiani. E questi cervelli, i più importanti al mondo, ce li vogliono portare via tutti i giorni. Conosco degli amici e dei colleghi che ricevono offerte da capogiro per lavorare all’estero. Oggi probabilmente rimangono per amor di patria, ma prima o poi se ne andranno”.
Fonte: www.ivg.it/