A una settimana dal lancio, raccolte 500.000 firme. Quasi la metà dei firmatari ha meno di 25 anni. Cosa potrebbe cambiare e cosa è successo nei Paesi che hanno legalizzato
A una settimana precisa dal lancio, la raccolta firme per il Referendum sulla Cannabis raggiunge quota 500.000, la cifra limite che permetterà al quesito di andare al voto nella primavera del 2022. Ad annunciarlo è stato il comitato dei promotori, le Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone e dai partiti +Europa, Possibile e Radicali italiani. Il referendum sulla cannabis è la prima raccolta firme italiana tenutasi interamente online sul sito referendumcannabis.it. Grande successo tra i giovani: tra i firmatari, ha sottolineato Antonella Soldo di Meglio Legale, “quasi la metà ha meno di 25 anni”. “Sono quei giovani che si sente dire che non gli importa niente della politica ma che in questa campagna hanno trovato qualcosa di attrattivo – ha aggiunto -. Possiamo continuare a pensare a una politica paternalistica o possiamo invece provare ad ascoltare”.
Gli organizzatori invitano ad andare avanti con almeno un altro 15% di firme in più per essere certi di poter consegnare il referendum in Cassazione il 30 settembre. Si legge ancora sulla nota: “La velocità della mobilitazione conferma la voglia cambiamento sulla cannabis ma anche di partecipazione alle decisioni su questioni che toccano personalmente. In una settimana sono stati raccolti 145.000 euro dei circa 500.000 necessari (ogni firma digitale ha infatti il costo di 1,05 euro)”. Il Comitato ringrazia l’Associazione Luca Coscioni per il sostegno e lancia un nuovo appello anche a piccole donazioni che, insieme alle firme, si raccolgono sul sito www.referendumcannabis.it.
Cosa chiede il referendum
Come si legge sul sito della campagna, il quesito referendario ”è stato formulato con il duplice intento di intervenire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative di una serie di condotte in materia di droghe”. “In primo luogo si propone di depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi sostanza (mentre si mantengono le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione di tutte le sostanze che possono essere applicate per le condotte diverse dall’uso personale) e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito. Sul piano amministrativo, infine, il quesito propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori attualmente destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa”.
Cosa ne pensano i partiti
Emma Bonino, alla conferenza stampa del comitato promotore del Referendum Cannabis Legale, ha criticato in particolar modo il silenzio dei partiti progressisti. “C’è l’imbarazzo dei grandi partiti progressisti, che ancora non ho capito dove si collocano. Per adesso c’è un silenzio scomodo, imbarazzato, me lo aspettavo. Da 30 anni per loro non è la priorità, non è il momento giusto o non è il modo giusto”. “In generale, i partiti prima hanno cercato di insabbiare, e ci sono riusciti – ha aggiunto – e adesso mostrano insofferenza, o diffondono fake news, come quella che se si comincia con la Cannabis e si arriva all’eroina. Commenti che non hanno senso, ma che sentiremo ripetere ancora”. Bonino ha anche ricordato una iniziativa del 1976, “una conferenza stampa allestita con piante di Cannabis e con me, Marco e altri che ci passavamo uno spinello. Io non ho mai toccato uno spinello…”.
Sul referendum per la depenalizzazione della coltivazione di cannabis il Partito Democratico non ha una posizione ufficiale. I sostenitori del M5S hanno invece ottenuto un’indicazione sul referendum da quello che, nel nuovo assetto del partito, è stato indicato come il “garante e custode dei princìpi”, cioè Beppe Grillo. Nei giorni scorsi ha pubblicato un post per sostenere l’iniziativa chiedendo di firmare e di far firmare. Il suo invito è stato ripreso anche da alcuni parlamentari del M5S, mentre Giuseppe Conte, responsabile dell’azione politica del partito, non si è ancora pronunciato dicendo semplicemente di essere favorevole all’uso terapeutico, già legale.
Contrari alla depenalizzazione sono invece Forza Italia – con l’eccezione del deputato Elio Vito, mentre Maurizio Gasparri è molto attivo nel fare campagna contro il referendum – e gli altri partiti della destra, Lega e Fratelli d’Italia.
Quanti sono i consumatori di cannabis in Europa e in Italia
Secondo le stime del 2020 dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, agenzia dell’Unione Europea che ha il compito di monitorare, raccogliendo, analizzando e divulgando informazioni, l’evoluzione del fenomeno della droga nei 27 Paesi membri, la cannabis è la sostanza illegale più consumata in assoluto. 90,2 milioni di Europei, il 27,2% della popolazione, l’ha assunta almeno una volta nella vita e 25,2 milioni sono le persone che lo hanno fatto solo nell’ultimo anno. Dalle analisi degli estratti e delle infiorescenze sequestrate si scopre inoltre che è in constante aumento sia la qualità che la potenza di quanto spacciato illegalmente. Negli ultimi 10 anni, infatti, il contenuto medio di THC è quasi raddoppiato a differenza del prezzo al dettaglio, che è rimasto praticamente invariato.
In Italia consumano cannabis circa 6 milioni di persone. Nella fascia di età 15-54 anni, quindi dagli adolescenti agli adulti, il consumo annuale in Italia tocca il 10% della popolazione. In questa percentuale però è compreso anche il numero di chi ne ha fatto uso una volta nella vita. Secondo Marco Sabatino Rossi, direttore del Laboratorio Analisi economica e sociale del mercato della cannabis dell’Università Sapienza di Roma, circa 500mila la usano ogni giorno, e sono i cosiddetti consumatori abituali, ai quali è imputabile all’incirca il 90% di tutta la cannabis consumata in Italia.
Abitudini di consumo
Dove si compra la cannabis? Dal pusher di turno, ma non solo. In Italia sia progressivamente invecchiato il numero dei consumatori. L’età dei consumatori abituali è aumentata e sono ormai ultra-trentenni. Scrive sempre Marco Sabatino Rossi: “In Italia, accanto al mercato illegale degli spacciatori, esiste anche un mercato sociale della canapa, che copre circa il 40% dei consumi. Il mercato sociale sono gli scambi di hashish e marjuana fra amici consumatori. C’è chi se ne compra un po’ di più e poi la distribuisce agli altri, c’è chi la coltiva per sé e poi le eccedenze le dà agli amici… Tutte queste persone sono al di fuori del contesto della criminalità organizzata, e non sentono di fare una cosa illegale vendendo la cannabis. Se gli chiedi: ‘perché l’hai data al tuo amico?’, questi ti risponderanno semplicemente: ‘perché era sprovvisto, io ne avevo un po’ di più, e quindi glie l’ho fornita’”.
Neanche la pandemia ha ridotto il consumo di cannabis
In che modo la pandemia ha avuto un impatto sul consumo di droghe, e di cannabis in particolare? Secondo la “Relazione europea sulla droga (EDR) 2021: tendenze e sviluppi” dell’EMCDDA non solo in Europa la criminalità organizzata coinvolta nel traffico di stupefacenti è riuscita comunque ad operare, ma hanno continuato ad essere reperibili un’ampia gamma di sostanze, spesso ad elevata potenza o purezza. Dalle informazioni disponibili emerge che le eventuali riduzioni del consumo di droga osservate durante i primi lockdown sono rapidamente scomparse quando sono state allentate le misure di distanziamento sociale. In termini generali, sembra che vi sia stato un minore interesse dei consumatori per le droghe solitamente associate a eventi ricreativi, come l’MDMA, e un maggiore interesse per quelle legate al consumo domestico, come la cannabis. I dati disponibili suggeriscono che durante i primi lockdown i livelli di consumo della maggior parte delle droghe appaiono generalmente inferiori ma poi sembrano riprendersi una volta revocate le restrizioni. Un confronto con il 2019 sembra indicare che il consumo complessivo di gran parte delle droghe sia stato simile e, sulla base di questa fonte di dati, in diverse città potrebbe essere persino più elevato.
Quel “problemino” dell’aumento del THC
Il consumo di cannabis si è stabilizzato su livelli elevati, ma l’aumento del contenuto di THC desta preoccupazioni per la salute. Al momento, la resina di cannabis venduta in Europa è più potente rispetto al passato, con un contenuto medio di THC compreso tra il 20 % e il 28 %, quasi il doppio di quello della cannabis in foglie e infiorescenze. I prodotti a base di cannabis disponibili in Europa comprendono attualmente prodotti ad alto contenuto di THC e sul mercato illegale vengono commercializzate nuove forme di cannabis, nonché una serie di prodotti contenenti estratti di cannabis, ma bassi livelli di THC. Accanto a questi cambiamenti del mercato, il numero di soggetti sottoposti a trattamento per la prima volta per la cannabis è in aumento. È necessario un attento monitoraggio di questo settore per individuare i cambiamenti nelle problematiche legate alla cannabis e comprendere l’influenza che i mutamenti dei mercati degli stupefacenti esercitano sulle stesse.
Legalizzare per alleggerire il peso sulla giustizia e sulle forze dell’ordine
La legalizzazione potrebbe portare con sé una serie di effetti positivi, tra i quali un alleggerimento del carico sulle forze dell’ordine e sulla giustizia, nuovi posti di lavoro e, letteralmente, più soldi nelle casse dello Stato.
Secondo l’ultima relazione del Parlamento, nel 2020 alle Prefetture sono pervenute 32.879 segnalazioni per detenzione di sostanze psicotrope per uso personale (un terzo dei segnalati ha più di 40 anni e il 9,4% è minorenne), il 74% di queste ha riguardato cannabis. Mentre il 43% delle persone denunciate per reati collegati alla droga, fa riferimento alla cannabis e suoi derivati. Ai procedimenti giudiziari si aggiungono le operazioni delle forze dell’ordine: 12.066 quelle riguardanti la cannabis nel 2020, che resta lo stupefacente più sequestrato nel nostro Paese. Di tutta la droga individuata, il 50% riguarda i prodotti della cannabis, principalmente marijuana, il 23% la cocaina e poco meno dell’1% eroina e altri oppiacei; il 24% è rappresentato dalle sostanze sintetiche.
L’Italia, inoltre, ha le leggi sulle droghe più severe d’Europa: il 35% dei detenuti è in cella per aver violato il testo unico sugli stupefacenti, contro una media europea del 18%. Nel nostro ordinamento la cessione è punita con il carcere fino a 20 anni, l’omicidio intenzionale con 21 anni di reclusione, lo stupro con 12 anni. Inoltre, sette volte su dieci, le forze dell’ordine arrestano anche in casi di lieve entità, come confermato dal Generale della Guardia di Finanza, Antonino Maggiore, in audizione alla Camera. Insomma, i reati legati alle droghe vengono puniti più spesso e più severamente.
Se il referendum passasse cambierebbe la normativa vigente sia sul piano penale, sia su quello amministrativo. L’obiettivo è infatti quello di depenalizzare le condotte di coltivazione e detenzione illecita di qualsiasi sostanza e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis (con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito). Mentre sul piano amministrativo si propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. Questo porterebbe ad un alleggerimento non da poco su forze dell’ordine e giustizia.
Lo Stato ci guadagnerebbe?
Secondo uno studio del professor Marco Sabatino Rossi, direttore del Laboratorio Analisi economica e sociale del mercato della cannabis dell’Università Sapienza di Roma, la legalizzazione potrebbe portare nelle casse dello Stato fino a sette miliardi di euro all’anno e circa 35mila nuovi posti di lavoro. A 6000sardine.it traccia gli scenari possibili: “Per quanto riguarda la semplice coltivazione e manifattura del prodotto, il cosiddetto trimming, in Italia si dovrebbero assumere circa 60mila addetti, di cui quelli preposti alla coltivazione sarebbero però lavoratori stagionali. Poi c’è la distribuzione, e qui si apre un bivio su che tipo di fornitura si vuole fare. A suo tempo nel mio studio feci i due casi polari estremi: il caso più modesto come impatto economico, è quello in cui essa sia affidata alle tabaccherie come Monopolio di Stato. Dal lato opposto, c’è un altro scenario, a dire il vero un po’ fantascientifico, vista la situazione politico-sociale italiana, cioè è lo scenario olandese degli anni ’80 e ’90, ovvero la distribuzione della cannabis tramite coffee shops. Questo secondo scenario avrebbe invece un impatto molto significativo in termini di occupazione nel nostro Paese. Considerando il consumo di canapa in Italia in rapporto a quello olandese, a suo tempo stimai un numero di circa 300mila addetti solo per la distribuzione”. Da qui le tasse: “Nel caso di una legalizzazione della cannabis tramite tabaccherie, avremo delle imposte sul reddito per circa 500 milioni di euro in un biennio, quindi circa 250 milioni all’anno, e 3-4 miliardi di imposte sulle vendite. Invece nello scenario futuribile dei coffee shops, avremmo circa 5 miliardi di imposte sulle vendite, ma soprattutto le imposte sul reddito salirebbero a ben 1 miliardo e mezzo”.
Legalizzazione come lotta alla criminalità
Secondo l’ultima relazione sulle Tossico Dipendenze riferita al 2020, degli incassi che la criminalità fa grazie allo spaccio, il 40% è frutto del mercato della cannabis. I gruppi criminali maggiormente coinvolti nei traffici della cannabis e dei suoi derivati si confermano la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli e albanesi. Il report 2020 dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze smonta una delle tesi più in voga tra i proibizionisti, ovvero che lo spaccio di marijuana non rappresenti una così grande fonte di reddito per i narcotrafficanti. Dai dati si apprende infatti che nel 2018 si è registrato un record di sequestri in EU: circa 1,3 milioni di operazioni di polizia hanno confiscato ben 668 tonnellate di prodotti a base di cannabis, contro le 468 tonnellate del 2017, il 30% di incremento nell’arco di un solo anno. Oltre il 71% del totale di tutte le sostanze stupefacenti requisite nel continente. Legalizzare la cannabis potrebbe in questo senso essere una delle più efficaci operazioni di contrasto alle mafie possibili.
Cosa è successo nei Paesi che hanno legalizzato
I paesi ad aver legalizzato l’uso terapeutico della cannabis sono Australia, Canada, Cile, Colombia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Paesi Bassi, Perù, Polonia e Regno Unito. Negli Stati Uniti, sono 31 gli stati federali ad aver legalizzato l’uso terapeutico della pianta. In Europa ci sono i Paesi Bassi, la Spagna dove è legale la coltivazione a scopo personale (anche in modo collettivo nei Cannabis Social Club) e il consumo in luoghi privati. In Europa fa scuola il Portogallo, dove si trova la percentuale più bassa di giovani consumatori: 14%. Il Paese ha decriminalizzato l’uso di ogni sostanza nel 2001, puntando a interventi sociali invece che repressivi. Basta confrontare la percentuale con quelle attuali italiane: in Italia il 28% degli studenti ha fatto uso di sostanze nell’ultimo anno. Il 6% dice di aver iniziato prima dei 13 anni.
L’effetto della legalizzazione, infatti, si nota soprattutto sui più giovani che oggi, per procurarsi un po’ di cannabis, sono a contatto con pusher e criminalità organizzata. Quando il premier canadese Trudeau, nel 2018, annunciò l’avvio del processo di legalizzazione nel suo Paese disse di volerlo fare “per il bene dei nostri figli”. In Canada il consumo di cannabis tra i giovani in tre anni non è aumentato, non ha inciso sugli incidenti stradali, non ha causato disordini sociali. Ha inciso, invece, sulla creazione di posti di lavoro e sulle entrate nelle casse dello Stato. Secondo un rapporto del governo, a sei mesi dalla legalizzazione le tasse prodotte sono state 186 milioni di dollari canadesi (139 americani) di cui il 75% (circa 132 milioni) va alle provincie e il restante 25% (54 milioni) al governo federale. Insomma, il Canada ha riscosso subito.
Lo stesso è accaduto in Colorado, il primo stato USA ad aver legalizzato nel 2012, il primo vero e proprio “esperimento a cielo aperto”, modello per chi oggi pensa alla legalizzazione. Cosa è cambiato in quasi nove anni? Oggi ci sono circa 590 negozi di cannabis al dettaglio in Colorado e le vendite combinate di cannabis ricreativa e medica nel 2019 hanno raggiunto il giro d’affari record di 1,75 miliardi di dollari, in aumento del 13% rispetto all’anno precedente. Dall’apertura dei primi dispensari nel 2014 a luglio 2020 si sono venduti quasi 9 miliardi di dollari in prodotti a base di cannabis. I proventi raccolti dallo stato in tasse sono passati da 67,6 milioni nel 2014 a oltre 302 milioni nel 2019. Soldi che sono stati spesi innanzitutto per progetti sociali, legati alla scuola pubblica ed all’aiuto delle persone indigenti. Un’economia che ovviamente ha generato anche molti posti di lavoro. Il numero complessivo non è noto, ma secondo le stime del Marijuana Policy Group l’industria della cannabis del Colorado impiega circa 19.592 dipendenti a tempo pieno. Senza considerare l’indotto, a cominciare dal turismo, che in Colorado è aumentato del 51% dal 2014, in buona parte grazie alla legalizzazione, portando quindi altre entrate e posti di lavoro.
Che dire, invece, degli effetti sulla criminalità? Uno studio del 2019, che ha analizzato i tassi di criminalità in Colorado e in altri stati, ha rilevato che la legalizzazione della cannabis sembra avere un effetto minimo o nullo sul numero di crimini violenti e contro la proprietà. Ciò che è certamente diminuito è invece il consumo di cannabis da parte degli adolescenti. La percentuale di studenti delle scuole superiori che hanno usato cannabis almeno una volta al mese è diminuita dell’11% dopo la legalizzazione. Un dato al quale secondo gli analisti contribuiscono due fattori: con la legalizzazione è diminuito lo spaccio illegale e per i minorenni è più difficile procurarsela; le campagne informative sui rischi del consumo nei ragazzi – lanciate insieme alla legalizzazione – hanno funzionato rendendo più consapevoli dei rischi gli adolescenti.
Fonte: www.huffingtonpost.it