Cannabiscienza intervista Giampaolo Grassi: Un focus sulla canapa in Italia

Con molto piacere condividiamo un’interessantissima intervista da parte di Cannabiscienza al nostro Dr. Giampaolo Grassi.

L’intervista originale, è disponibile al seguente link nel sito di cannabiscienza.

Per comodità del lettore, riportiamo inoltre di seguito la sua versione integrale.

INIZIO DELL’INTERVISTA

Gianpaolo Grassi è un agronomo con oltre 40 anni di esperienza presso l’Istituto di ricerca per le colture industriali in Italia.

Dall’inizio degli anni ’90 si dedica allo studio della cannabis, dei cannabinoidi e della loro rilevazione analitica. Nel 2000 ottiene tre nuove varietà di canapa industriale monoica, le prime selezionate in Italia. Successivamente registra altre tre varietà di cannabis utilizzate per la produzione di semi. Il suo istituto è l’unico centro di ricerca in Italia autorizzato dal Ministero della Salute per la produzione su scala medio-grande di cannabis a scopo di ricerca.

Il dottor Gianpaolo Grassi, ora al suo primo anno di pensione dall’istituto, è tutt’altro che stanco di lavorare con la cannabis. In questa intervista cruda, umile e onesta, trasmette ciò che il lavoro con la cannabis e il “cannabusiness” gli hanno insegnato.

Questa è la versione integrale dell’intervista svoltasi in Italiano; For English and Spanish translations, please check the original publication source at the Education section of Fundacion CANNA.

1. Come e quando è stato il tuo primo contatto con la pianta di cannabis?

Avevo probabilmente 6 o 7 anni quando ebbi il primo contatto con la pianta di canapa.
Avvenne in uno degli ultimi campi in cui era coltivata la canapa da seme, probabilmente destinata a mangime per volatili.

Era da seme perché ricordo che lo spazio tra le file di piante era tale da poter passarci in mezzo. Forse era una delle ultime coltivazioni fatte nel Ferrarese, da dove io sono venuto.

2. Cosa ti entusiasma di più della cannabis?

La continua opportunità di ottenere cose utili e nuove, come prodotti, varietà, sensazioni e salute. Cose concrete, reali e vere.

3. Lavori con la cannabis dal ’94, un periodo in cui l’industria era ancora allo stadio embrionale.
Con quali altri scienziati e professionisti riuscivi a confrontarti su questo argomento allora?

Nel 1980 o 81, ero studente universitario e feci per la prima volta visita al quartier generale dell’Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, ora CREA-CI, allora diretto dal Prof. Bruno Casarini. In quell’occasione incontrai il Dr. Domenico Allavena, l’ultimo ricercatore che lavorò nel contesto del Consorzio Produttori Canapa e che ottenne le famose varietà Fibranova e Carmagnola Selezionata. Era una persona che si distingueva per gentilezza e professionalità.
Purtroppo il settore canapa era già stato chiuso qualche anno prima e così egli venne assorbito nei ranghi della Regione Emilia Romagna e ricordo che si occupava di traduzioni dal francese di lavori scientifici. Aveva ancora l’ufficio all’interno dello stesso Istituto dove erano ancora utilizzati gli strumenti usati per la selezione della canapa per incrementare il contenuto di fibra e di conseguenza l’applicazione del metodo Bredemann (autoclave e altro). Strumenti che in seguito ereditai ed usai a Rovigo.

Poi ho avuto modo di collaborare con il Dr. Paolo Ranalli che diresse lo stesso istituto e si occupò, a partire dal 1995 di canapa nell’ambito dei progetti finanziati dal Ministero dell’Agricoltura del tempo. Ho incontrato Etienne De Meijer e dato che collaborava costantemente con il mio collega Dr. Mandolino, ebbi modo di scambiare con lui, in diverse occasioni, appassionanti pareri e propositi per le nostre future attività. Lui poi arrivò alle vette del breeding della cannabis, senza perdere di vista la sincerità e la modestia che lo ha sempre distinto.

Mi sono confrontato con Mahmoud A. ElSohly ed ebbi l’opportunità di fargli vista nel suo centro all’Università di Oxford nel Mississippi. È mia convinzione che più una persona è intelligente e più è disponibile, paziente e generosa. Credo di poter dire, senza essere smentito, che siamo amici anche a livello personale, mentre a livello professionale lui è alle massime vette. Come è tra gli eletti alla conoscenza e specializzazione della fitochimica e studio della canapa uno dei più grandi amici e prima di tutto grande scienziato, cioè il prof. Giovanni Battista Appendino. Se vale la regola del più una persona è intelligente e più è gentile, disponibile ed educata, allora Giovanni è un genio e lo dimostra anche la mole dei lavori che PubMed elenca (più di 300). Con lui è stato possibile dare un nome ad alcuni nuovi cannabinoidi che io introducevo nelle varietà che ho fatto: Ermes, Carma, Ermo, Codimono, Carmaleonte, CINRO, CINBOL, Ermonola e CINFE.

Ho incontrato e ospitato per alcuni giorni a Bologna  il Dr. Viacheslav Virovets, altro ricercatore che ricordo con tanta simpatia ed ammirazione. Sono sue le varianti USO. Una migliore dell’altra, fino ad arrivare alla USO 31. Ultimamente ho avuto l’occasione di confrontarmi con il neurologo e ricercatore della cannabis Dr. Ethan Russo ed anche lui conferma la regola della correlazione tra intelligenza, disponibilità e simpatia. Sono sicuramente una persona fortuna e grazie al mio lavoro ho incontrato molte persone e personalità, come il famoso Prof. Raphael Mechoulam, ma temo che lui non si ricordi di me (non certo perché difetti di memoria, ma perché non abbiamo approfondito la nostra conoscenza). 

Mi preme però anche ricordare che ho incontrato e ricevuto molto (non parlo ovviamente di pecunia, di questo non si può scrivere), anche da persone di altra estrazione come Stefan Meyer (ex direttore della Phytoplant Research, ndr), Scott Blekey (anche noto come Shantibaba, ndr) , Franco Loja (lo StrainHunter che ha lasciato un grande vuoto con la sua morte prematura, ndr), David Watson e Robert Clarke, ( della fu Hortapharm, ma ormai quasi figure mitologiche, ndr) , Franco Casalone (coltivatore e attivista, ndr) e chi più e chi meno ha lasciato un segno che ancora ben ricordo, ma che per il mio ruolo che avevo (ora sono pensionato e non ho padroni) non potevo coltivare.

Non voglio dimenticare di ricordare i colleghi di lavoro e tra questi svetta certamente il Dr. Gianmaria Magagnini, senza il quale non avrei portato avanti molto di quanto abbiamo fatto in questi ultimi 10 anni.

4. Quanto è stato accettato nel panorama italiano il tuo interesse scientifico?

Certamente, poco da parte del mio ente CREA e di conseguenza da parte del Ministero vigilante (MiPAAF). 

Basti dire che quando ci sono state le preoccupazioni per la minaccia di chiusura della sede di Rovigo per le numerose riorganizzazione dell’ente, l’addetto stampa del ministro Martina non era al corrente che a Rovigo ci occupavamo da tempo di canapa medica. Il funzionario in questione lavorava da 10 anni allo stesso ministero (politiche agrarie).

Nella mia carriera lavorativa ho accumulato un provvedimento disciplinare e ne ho scansato un altro che la Direttrice Ida Marandola (ex Direttore Generale del CREA arrestata nel 2019 per Appropriazione indebita, ndr) voleva a tutti i costi applicarmi. 

Con 3 disciplinari si viene licenziati in tronco. A livello di mondo scientifico ritengo invece che chi mi conosce un po’ ha ritenuto discreto il mio lavoro e che se qualcosa è cambiato nello scenario italiano della canapa, per una piccola parte sia stata provocata dal mio attivismo nelle varie associazioni e dal lavoro svolto.

5. Hai visto un’apertura maggiore negli anni?

Sì. Non c’è alcun dubbio. Inizialmente le Forze dell’Ordine avrebbero voluto che ogni campo di canapa venisse recintato ed illuminato a giorno durante la notte mantenendo una costante vigilanza. 

Sono riuscito a convincerli che ciò non era possibile perché se si manteneva la luce accesa anche durante la notte le piante non sarebbero mai fiorite e per fortuna questo li ha fatti desistere. 

Vedere poi che il nostro Ministero ha promosso il programma pilota per l’introduzione della Cannabis Medicinale è stato un passo enorme in avanti. 

Riuscire a promuovere un corso post-universitario in una Università, non certo liberista e progressista come quella di Padova è stato un altro evento di rilievo, merito in questo caso del Prof. Gastone Zanette, anch’egli carissimo amico.

6. Il CREA-CIN, per il quale sei stato primo ricercatore per moltissimi anni, è stato l’unico centro in Italia autorizzato dal Ministero a coltivare cannabis a fini di ricerca. Ti sei sentito supportato dalle istituzioni in questi anni?

In parte si, perché le mie richieste sono state quasi sempre ascoltate. Talvolta anche dimenticate e negate, ma poteva andare anche peggio. 

La Germania, che oggi è ad un buon livello di accettazione della cannabis, fino a poco tempo fa e forse ancora oggi, pretende che gli studenti che vogliono fare ricerca sulla canapa industriale la devono comunque tenere sotto chiave e neppure in una serra, ma dentro un armadio climatico alloggiato all’interno di un solido e controllato edificio. Affermo questo perché uno studente che mi chiese dei consigli per la sua tesi, mi ha raccontato le sue difficoltà a completare la tesi incentrata sulla rigenerazione da callo delle varietà industriali.

In Francia è molto peggio ed in molti paesi dilaga l’incertezza delle regole e l’ipocrisia delle istituzioni.

7. Durante la tua attività hai portato avanti moltissimi progetti sulla cannabis. Qual è stata finora una delle tue più grandi soddisfazioni professionali?

Di sicuro mettere a disposizione dei malati di gravi patologie le uniche due varietà che possono essere usate come farmaco prodotto dallo Stato Italiano. Forse pochi lo sanno perché neppure il loro nome le associa al lavoro a cui ho contribuito.

Il MiPAFF e di conseguenza il CREA non ha avuto una grande visibilità nel progetto della introduzione della Cannabis Medicinale, quasi si vergognassero del fatto di lavorare su questa pianta, ma io e alcuni farmacisti lo sappiamo. Le loro reazioni e i riscontri che mi hanno manifestato spontaneamente hanno confermato il buon lavoro realizzato.

8. Parliamo di cannabis. Quale metodo di coltivazione prediligi?

Sicuramente lavorare indoor è più congeniale ad un ricercatore. La natura e l’outdoor è molto più variabile ed incontrollabile perciò talvolta si subiscono delusioni e fallimenti pesanti, nonostante si lavori duramente e intensamente per portare a termine progetti importanti.

Ciò che mi sarebbe piaciuto molto era che la varietà a stelo giallo chiamata Carmaleonte fosse stata accolta con più interesse degli investitori che potevano far ripartire la filiera a cui la canapa è più legata, cioè quella tessile. Ricordo che sin dal 1995 ciò che tutti i ricercatori coinvolti aspiravano era trovare la soluzione giusta per riprendere a coltivare la canapa per fini tessili in modo economicamente sostenibile. Non sono così egocentrico da pensare che con la sola mia varietà si poteva rimediare a tutti i problemi che derivano dal rilancio di una filiera così complessa com’è quella tessile, però almeno qualche altro tentativo poteva essere fatto, ma sono arrivato con un paio di anni di ritardo e così sarà per un’altra volta.

9. Utilizzi pesticidi? Se sì, che cosa?

Da quando ho la possibilità di lavorare in una serra che è totalmente a mia disposizione presso la società Canvasalus cerco sempre di evitare di indossare occhiali, mascherina, tuta e neppure i guanti. Questo non perché mi voglia fare del male, ma perché applico prodotti totalmente innocui e naturali.

Dato che poi ci rimango per ore dentro la stessa serra vado a respirare anche l’aria di questo ambiente e perciò sarei un cretino ed un fesso a contaminare il luogo stesso di lavoro mio e di mio figlio. Poi va detto che i presidi sanitari ufficialmente ammessi per la canapa si contano sulla punta di un dito: il rame; perciò per stare totalmente nelle regole bisognerebbe applicare solo acqua e rame. 

In Italia però abbondiamo di fantasia e “furbizia” e così riusciamo ad arrangiarci soprattutto con i mezzi applicati dall’agricoltura biologica. Talvolta deludono e sono parzialmente efficaci, ma ritengo che certi compromessi sono inevitabili e bisogna anche tener conto delle esigenze degli acari o degli afidi, che vogliono approfittare anche loro delle fortune di essere capitati su questo pianeta.

10. Potresti fornire un suggerimento ai tanti coltivatori di cannabis che leggono questa intervista?

Tenere duro, non demoralizzarsi, usare molto la fantasia e l’intelligenza che ci è stata donata e far buon viso a cattiva sorte, magari evitare di votare per partiti di destra.
Io me lo posso ancora permettere di resistere perché ho la pensione perciò qualcuno potrebbe dire: “bella forza, tutti parlerebbero così se godessero di certi privilegi”. Completamente vero, e perciò per quelli meno fortunati di me suggerisco di fare il passo commisurato alla lunghezza delle proprie gambe, soppesare accuratamente le persone che si incontrano, parlo di quelle coinvolte con il mondo della canapa perché questo è pieno di millantatori, gradassi, approssimati e approfittatori.

Non è sempre così, perché ho conosciuto anche persone che da anni reggono le sfide a cui la canapa sottopone, sono generosi ed onesti. Non sono molti, ma ci sono e con questi occorre fare sistema e collaborare perché da soli non si va veloci e lontani. 

Con le leggi: rispettarle, ma provare ad interpretarle in modo che si possa andare avanti e provare a trarre la massima soddisfazione in quello che si riesce a fare. Io non ho mai avuto delusioni o tradimenti da questa pianta, talvolta qualche sberla forte che si rimediava con una bella dormita, ma sempre dimostrazioni di forza e sincerità.

11. Tramite il tuo lavoro hai creato un’eredità culturale immensa, sia direttamente che indirettamente; molti validi scienziati sono stati tuoi studenti o stagisti.
 Potresti condividere con noi qualche aneddoto su cosa ha significato per te insegnare la cannabis alle nuove generazioni?

Senza falsa modestia, direi che è un po’ esagerato il termine “immensa”, userei discreta. Anche a scuola preferivo sempre il voto 8 (quando imbroccavo il compito), piuttosto che 10, perché mi sembrava più bilanciato e commisurato con le mie capacità che non ambivo mi venissero riconosciute dagli altri, ma che dovevano appagare principalmente il mio personale giudizio. 

Premesso questo, ritengo che fare bene il mestiere dell’insegnate è cosa molto ardua e difficile. Io di veri maestri ne avrò incontrati duo o tre in tutta la mia vita. Sicuramente io potevo fare di più e meglio. I ragazzi che hanno avuto modo di uscire dal mio laboratorio nel complesso hanno avuto buone opportunità di entrare nel mondo del lavoro. Andrea è diventato ricercatore quasi subito dopo la borsa di studio. Sebastien ha fondato un’associazione di malati che necessitano di Cannabis Medicinale in Francia ed ha costituito una società che produce test analitici per i cannabinoidi distribuiti in tutto il mondo. Davide #1 lavora come agronomo e organizza da tempo una fiera sulla Cannabis, Salvatore assieme al padre ha aperto il primo ambulatorio in Sicilia destinato alla Cannabis Medica. Davide #2 si è specializzato ed ottenuto il PhD sulla canapa ed ha aperto un’azienda con altri soci e sta selezionando e producendo Cannabis light. 

Alcune tirocinanti sono andate in laboratori di analisi ed un paio in uno dei pochissimi laboratori  accreditati a svolgere analisi sui cannabinoidi negli alimenti. Andrea#2, ha tentato di sfondare con le sigarette a base di cannabis light. Non ha seguito tanto le mie orme perché le sue erano già ben definite e spero gli vada bene. Piercarlo è diventato professore alle superiori, ma il cancro se lo è portato via prematuramente. Qualcuno mi ha anche rubato delle esperienze ed è andato a depositarle al CPVO a nome suo. Sicuramente se sentiamo la sua versione dei fatti sono stato io il ladro, ma sia la mia che la sua parola valgono e la prova della veridicità dell’una o dell’altra versione non è disponibile. Le mie varietà sono alla luce del sole e possono essere analizzate e confrontate, le sue credo sia difficile poterle testare facilmente.

Ma la più gratificante e gradita ricompensa per le mie attività lavorative si è favorevolmente concretizzata con l’inserimento di Gianmaria nell’unico centro italiano che può produrre Cannabis Medicinale. Sarebbe stato un peso insopportabile vedere che per una mia incapacità di seguire ed accompagnare nel giusto modo la carriera di un ricercatore di primo livello, questo avesse perso tutte le opportunità che il nostro ente centellina, avesse dovuto ingiustamente piegarsi e arrendersi alle forze contrarie che si erano scatenate contro di lui all’interno dell’ente e perdere così una delle migliori  competenze e una professionalità che derivava da quasi un decennio di lavoro e studio indefesso e appassionato. Per fortuna le cose hanno preso una piega positiva e sono certo che andrà sempre migliorando. Insomma direi che ho seminato qualcosa e i frutti cominciano a vedersi, soprattutto per merito loro, ovviamente.

12. Come vedi lo sviluppo internazionale della cannabis in Europa?

La domanda ha due risvolti. Quello internazionale sarà sempre più rapido e positivo. Nessuno potrà fermare l’avanzata della cannabis perché con internet nessuno potrà nascondere come avvenne nella metà del 900 le cose vere e reali che orbitano attorno alla cannabis. A livello europeo sono molto fiducioso, sia perché una valida ed intelligente donna ha un ruolo che può contribuire favorevolmente al progresso della canapa industriale e di conserva anche quella per usi medici. 

La cosa che mi preoccupa è quel sentimento nazionalista strisciante ed insidioso che si accompagna con le posizioni politiche conservatrici e fasciste. Questi sono i soggetti più ottusi, ignoranti e stupidi, non solo nella vita quotidiana, ma anche sul tema canapa. La usano male e prevalentemente per spaventare la gente. Fanno emergere unicamente gli aspetti problematici e critici che l’impiego della canapa può avere, negando sfacciatamente le cose vere e verificate. Speriamo che l’orientamento politico generale dell’Europa riporti il timone nella posizione corretta o quanto meno mai a destra, magari con un punto di preferenza a sinistra, anche se questa non ha un gran cuor di leone in merito alla canapa.

13. Ora sei in pensione, ma la cannabis non smette di essere la tua passione. Come vedi il tuo ruolo in questo campo e come possiamo continuare i tuoi insegnamenti?

Tra le numerose cose fortunate che mi sono capitate, primeggia quella di aver avuto due splendidi figli, Giulio e Lisa. Il merito ovviamente è della loro madre, ma forse qualcosa di buono l’ho fatto anch’io ed intendo incrementare questo mio impegno in questa fase della mia vita. Lisa studia e Giulio vuole fare subito e presto. Gli mancherà lo studio, ma ancora non vuole rendersene conto. Comunque, con l’intelligenza e la determinazione che lo distingue ce la farà lo stesso e già ha fatto passi decisivi per ritagliarsi il futuro che ritiene più adatto a sè. Io intendo accompagnarlo e condividere con lui qualche altra soddisfazione. 

Una prima soddisfazione è l’aver inaugurato la via della registrazione delle varietà a livello europeo mediante i semi femminizzati. Ci sono 10 varietà depositate ed approvate dal CPVO che assieme ad Enecta abbiamo potuto far arrivare al centro di prova, nonostante l’ostinato ostracismo e testarda avversione della funzionaria del Ministero della Salute preposta a concedere le autorizzazioni ad esportare piante o talee di varietà a riproduzione vegetativa.

Grazie mille dr Gianpaolo Grassi per il suo prezioso contributo.

 

Crediti e articolo originale: Cannabiscienza

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