La ricerca scientifica in questo campo non si ferma e vari studi stanno analizzando la possibilità di utilizzare preparati a base di Cannabis o dei suoi componenti per trattare le infezioni da nuovo coronavirus.
Indice
- 1. Una pandemia globale e la necessità di una cura in tempi brevi
- 2. Gli studi su Cannabis e derivati per il COVID-19
- 2.1 Razionale per l’utilizzo della Cannabis per il COVID-19
- 2.2 CBD ed esosomi
- 2.3 CBD e farmaci steroidei
- 2.4 Le proprietà anti-infiammatorie della Cannabis
- 2.5 I terpeni come agenti antivirali
- 2.6 Cannabis-terapia in tempi di crisi
- 3 Ansia da coronavirus
- 4. Conclusioni
- 5. Referenze
1. Una pandemia globale e la necessità di una cura in tempi brevi
L’epidemia da coronavirus Sars-CoV-2, comunemente abbreviata in COVID-19, ha colpito più della metà della popolazione mondiale -circa 4,5 miliardi di persone-, tra infetti, morti e la maggioranza costretta o invitata dai loro governi a restare a casa per contenere la diffusione del virus. Le varie misure come l’isolamento obbligatorio o consigliato o la quarantena hanno riguardato circa 210 tra Paesi e territori.
Numeri impressionanti e terrificanti per una pandemia contro la quale una cura efficace o una forma di prevenzione sicura ancora non esiste. Ad esclusione del distanziamento sociale, strategia sicuramente efficace ma che comporta un cambiamento radicale delle abitudini, con notevoli ripercussioni sullo stato di salute psicologico, nonché socio-economico, di ogni individuo.
Secondo gli psicologi, il malessere derivante dallo stop ad ogni relazione sociale è inevitabile e la causa è da ricercarsi nella storia evolutiva della specie umana: la capacità di instaurare complesse dinamiche sociali ha giocato un ruolo chiave nella sopravvivenza e nell’evoluzione della specie; anche il maggior sviluppo cerebrale dell’uomo -così come dei suoi “cugini” primati- sembra sia dovuto alla capacità di gestire relazioni sociali divenute nel tempo più complesse.
Abbiamo affrontato la questione dei cambiamenti a livello del Sistema Endocannabinoide innescati da questa condizione qui: COVID-19 e Sistema Endocannabinoide: 5 metodi per rinforzarci
Il distanziamento sociale non può quindi essere l’unica soluzione.
Per questo motivo, la comunità scientifica internazionale ha concentrato i propri sforzi nel cercare un rimedio efficace per contrastare quest’infezione già dall’inizio di gennaio 2020, quando le prime notizie sull’epidemia da COVID-19 iniziarono ad arrivare dalla Cina.
Le strategie su cui ci si è concentrati, per ottenere un trattamento farmacologico efficace, sono sostanzialmente 2: la ricerca di un vaccino, per prevenire l’infezione e la diffusione del virus in soggetti sani; la ricerca di una cura, per chi ha già contratto il virus.
Lo sviluppo di un vaccino sembra essere la strada più logica per contrastare il nuovo coronavirus. Più di 100 sono i progetti, sia di aziende private che di soggetti pubblici, attualmente allo studio per sviluppare un vaccino contro il COVID-19. Alcuni di essi sono già in fase 1 di sperimentazione, su individui sani. Ma la via è lunga e il successo non è garantito. Secondo le previsioni più rosee, è improbabile che si possa avviare una sperimentazione su un gran numero di individui (fase 2 o fase 3) prima del prossimo anno. Se anche ciò dovesse accadere, i risultati potrebbero comunque non essere positivi. Sono decenni che si cerca un vaccino anti-HIV e anche per la recente epidemia virale da SARS, la ricerca di un vaccino non è andata a buon fine. Comunque, per ora, la speranza non cede il passo alla disillusione.
Per quanto riguarda una cura efficace, la si è cercata soprattutto tra i farmaci già presenti in commercio o frutto di sperimentazioni precedenti, che con più o meno fortuna sono stati utilizzati sia in protocolli clinici che in test in laboratorio.
Ovviamente, i primi ad essere stati proposti e testati sono gli antivirali. Anche se nessuno è specifico per il COVID-19, alcuni sembrano dare risultati promettenti, come il remdesivir, farmaco già approvato dall’agenzia del farmaco USA e in attesa di approvazione in Europa.
Ci sono poi farmaci utilizzati per altri scopi che potrebbero essere efficaci anche contro l’infezione da nuovo coronavirus. Due casi sono molto emblematici in questo senso.
Il primo riguarda il tocilizumab, un anticorpo monoclonare immunosoppressore efficace nell’artrite reumatoide, utilizzato con risultati molto promettenti ed entrato nei protocolli anti-COVID-19, grazie anche al lavoro del Prof Ascierto dell’Ospedale Cotugno di Napoli.
Il secondo riguarda l’utilizzo di idrossiclorochina, un farmaco anti-malarico utilizzato anche per trattare patologie autoimmuni e azitromicina, un antibiotico. Questa combinazione si è rivelata in molti casi efficace nel ridurre l’infezione da nuovo coronavirus, tuttavia gli effetti collaterali -principalmente una grave disfunzione della conduzione cardiaca- sembrano sconsigliarne l’uso. A dispetto di quanto sostenuto dal presidente americano Donal Trump, sponsor entusiasta di questa cura, almeno fino a quando il New York Times non ha rivelato un forte conflitto di interessi, scoprendo che Trump e suoi cari amici detengono quote di società interessate a produrre l’idrossiclorochina.
In questo contesto di ricerca di una cura efficace, la Cannabis Medica è stata varie volta tirata in ballo, anche da soggetti istituzionali. Però, un farmaco per essere utilizzato deve provare la sua efficacia. Per questo motivo, vari trial clinici sono stati recentemente approvati per testare gli effetti della Cannabis Medica e di alcuni suoi componenti contro l’infezione da COVID-19.
2. Gli studi su Cannabis e derivati per il COVID-19
L’utilizzo della Cannabis per trattare un’infezione virale potrebbe sembrare strano ai più, ma chi conosce bene le proprietà dei componenti della pianta (e chi segue le pubblicazioni di Cannabiscienza.it), non resterà sicuramente stupito nell’apprendere che vari studi clinici in giro per il mondo stiano cercando di valutarne l’efficacia contro il COVID-19.
2.1 Razionale per l’utilizzo della Cannabis per il COVID-19
L’infezione da COVID-19 colpisce in primo luogo i polmoni, causando difficoltà respiratorie che possono sfociare in polmoniti; nei casi più gravi si assiste ad uno shock settico dovuto ad una iper-attivazione del sistema immunitario, che può portare alla cosiddetta “sindrome da tempesta di citochine”, in cui si ha un eccessivo rilascio di mediatori dell’infiammazione, che attaccano anche le cellule polmonari sane e quelle di altri organi, causando un collasso generale dell’organismo. Inoltre, patologie concomitanti aggravano l’esito dell’infezione.
Il Sistema Endocannabinoide è fortemente implicato nei meccanismi di induzione della sepsi e per questa ragione Cannabis e derivati potrebbero rivelarsi degli utili strumenti in questo scenario infettivo. (1)
Il motivo principale per cui si è pensato alla Cannabis è infatti la sua capacità di diminuire l’infiammazione e l’attivazione del sistema immunitario, soprattutto in condizioni patologiche. Ad esempio, in pazienti affetti da HIV in terapia con antivirali, l’uso di Cannabis è associato alla riduzione del numero di cellule immunitarie attivate e il Tetraidrocannabinolo (THC) diminuisce il rilascio di mediatori dell’infiammazione; (2) ; (3) stesso discorso per il Cannabidiolo (CBD), in grado anche di diminuire la risposta infiammatoria anormale nelle malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide. (4)
Inoltre, i componenti della Cannabis sono degli efficaci anti-microbici, attivi specialmente contro i batteri (ne abbiamo già discusso in Cannabis e antibioticoresistenza: prevenire epidemie globali e in Il CBD sembra migliorare l’efficacia degli antibiotici), ma anche contro alcuni tipi di virus. (5)
Infine, l’infezione da coronavirus può essere complicata da condizioni come il diabete e l’obesità e la Cannabis è associata a una ridotta incidenza di entrambi. (6)
2.2 CBD ed esosomi
L’azienda farmaceutica InnoCan Pharma, in collaborazione con l’Università di Tel Aviv in Israele, ha avviato una sperimentazione per sviluppare un approccio innovativo per il trattamento del coronavirus COVID-19, utilizzando esosomi caricati con CBD.
Le proprietà anti-infiammatorie del CBD vengono quindi implementate utilizzando una “tecnologia rivoluzionaria basata sugli esosomi”, delle nano-vescicole cellulari prodotte in laboratorio che possono essere utilizzate per veicolare un farmaco in distretti anatomici specifici. I polmoni in questo caso, sede primaria dell’infezione da COVID-19.
Ai pazienti arruolati per lo studio verrà somministrato CBD, caricato all’interno di questi esosomi, tramite inalazione. Secondo la società sviluppatrice del protocollo “gli esosomi potrebbero avere proprietà anti-infiammatorie utili a curare le cellule polmonari infette”.
Per ulteriori approfondimenti sull’utilizzo del CBD nel Covid-19, puoi leggere l’articolo CBD e Covid-19: il trattamento dei sintomi
2.3 CBD e farmaci steroidei
Farmaci steroidei come il cortisone e simili sono farmaci di elezione per ridurre l’infiammazione da infezioni virali, ma i loro effetti collaterali ne limitano in molti casi l’utilizzo. Per limitare questi effetti, un azienda israeliana ha iniziato una sperimentazione su 10 pazienti COVID-19, utilizzando una combinazione di farmaci steroidei e CBD.
Secondo l’azienda, “Il CBD migliora l’effetto terapeutico del trattamento con steroidi, è efficace nel trattare il meccanismo biologico interessato dal virus e ha il potenziale per ridurre al minimo gli effetti devastanti e talvolta letali degli steroidi”.
Se questa prima sperimentazione avrà successo, si passerà ai test su un numero più ampio di pazienti.
2.4 Le proprietà anti-infiammatorie della Cannabis
Ancora in Israele, l’Ichilov Medical Center di Tel Aviv ha lanciato uno studio per testare l‘efficacia della Cannabis nel trattamento di pazienti COVID-19 con sintomi moderati. Si cercheranno di sfruttare quindi le proprietà anti-infiammatorie della Cannabis e del CBD in particolare per migliorare il quadro infiammatorio conseguente all’infezione da nuovo coronavirus.
Uno ricerca simile è stata proposta anche in Canada. Secondo l’azienda Cannalogue, specializzata in Cannabis Medica, “i cannabinoidi vegetali hanno proprietà immunomodulanti naturali che richiedono assolutamente un’indagine accelerata, data l’attuale pandemia globale di COVID-19 “. Per questo ha richiesto al Ministero della Salute canadese di poter effettuare uno studio clinico su pazienti COVID-19.
2.5 I terpeni come agenti antivirali
Una recente pubblicazione ha evidenziato le proprietà antivirali dei terpeni, molecole prodotte dai tricomi della pianta di Cannabis (per un approfondimento: β-mircene: alla scoperta delle proprietà anti-infiammatorie e analgesiche). Questi composi legano una particolare proteina virale che replica l’RNA, impedendo che entri nella cellula e sfrutti i meccanismi dell’ospite per iniziare la replicazione. (7)
L’azienda farmaceutica CannaSoul sta testando un’innovativa formulazione a base di terpeni, chiamata NT-VRL™, da assumere per via inalatoria, che dovrebbe essere in grado di “abbassare la risposta del sistema immunitario senza sopprimerla”. Lo studio clinico verrà svolto presso l’Israel Institute of Technology ad Haifa.
2.6 Cannabis-terapia in tempi di crisi
In questi giorni d pandemia, i pazienti in terapia con Cannabis Medicinale stanno affrontando ritardi nell’acquisizione di medicinali a causa della crisi e ciò aumenta la vulnerabilità dei pazienti, anche nei confronti del COVID-19. Ne abbiamo parlato con il Dr. Lorenzo Calvi per il programma podcast Cannabis Italia.
I ricercatori dell’Università di Miami, USA, hanno lanciato un sondaggio anonimo per ottenere da pazienti con Cannabis terapeutica indicazioni sulla loro salute mentale e fisica. Verranno inoltre esaminati i cambiamenti nella frequenza di utilizzo della Cannabis, nel dosaggio e nelle vie di somministrazione da parte dei pazienti, sulla base delle limitazioni introdotte per contrastare la diffusione del COVID-19. Sei sei interessato al sondaggio, in inglese,
3. Ansia da coronavirus
Combattere l’infezione, ma non solo. La paura di essere infettati, il distanziamento sociale, l’incertezza economica e le forti limitazioni degli spostamenti sono tutti fattori secondari all’infezione da COVID-19, ma che stanno comunque avendo un forte impatto negativo sulla salute psico-fisica di molte persone. Ognuno di questi fattori genera stress, non sempre facile da controllare.
Come già discusso in precedenza (Cannabis nell’ansia da stress: svelato il meccanismo d’azione) lo stress incontrollato e prolungato nel tempo -proprio quello che stiamo vivendo in questi giorni- induce l’ansia, attraverso una via di segnalazione che coinvolge il Sistema Endocannabinoide. Per questo motivo, ridurre l’impatto dello stress può servire a ridurre gli stati d’ansia, anche associati al COVID-19.
L’efficacia della Cannabis per trattare stati di ansia da stress è ormai confermata da numerosi studi scientifici e anche il meccanismo d’azione è stato in parte svelato.
Una maggiore facilità d’accesso alla Cannabis terapeutica potrebbe migliorare le condizioni psicologiche di chi si trova a convivere con l’ansia da coronavirus, ma non solo. Infatti, in Canada e in vari Stati USA la Cannabis è stata dichiarata un servizio essenziale per i pazienti.
4. Conclusioni
La ricerca sulla Cannabis condotta fino al periodo pre-pandemia, ha mostrato che questa pianta e i suoi costituenti hanno delle proprietà anti-infiammatorie ed anti-microbiche che potrebbero ritornare utili ora che la pandemia COVID-19 ha coinvolto (e sconvolto) quasi tutto il mondo.
Per questo motivo nuovi studi sull’uomo stanno cercando di valutare se le potenzialità della Cannabis potranno essere sfruttate contro l’infezione da COVID-19.
Poiché l’attività anti-infiammatoria della Cannabis e dei suoi derivati è da ascriversi principalmente alla stimolazione dei recettori CB2, non è da escludere che altri fitocannabinoidi o cannabinoidi sintetici attivi principalmente su questo sito possano essere oggetto di ulteriori trial clinici.
Nell’attesa dei risultati, ciò che già può essere dedotto dai dati sperimentali in nostro possesso, è che la Cannabis potrebbe essere utile in caso di ansia da coronavirus e per combattere patologie come il diabete o l’obesità che potrebbero aggravare l’esito dell’infezione da COVID-19.
Fonte : cannabiscienza.it