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La stanchezza è molto comune tra le persone e può avere diverse cause e concause quali: disturbi del sonno, lunghe giornate di lavoro, sessioni di allenamento sportivo di una certa entità, etc., e fin qui, nulla di cui stupirsi. In medicina è però noto anche un disturbo chiamato “sindrome da stanchezza cronica (CFS)” per il quale non esiste ancora alcuna terapia specifica, e solo in Italia ne sarebbero affette dalle 200.000 alle 300.000 persone, prevalentemente nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 50 anni e di sesso femminile.
Uno studio scientifico statunitense pubblicato recentemente sulla rivista Medical Cannabis and Cannabiniods e condotto da un team di ricercatori della University of New Mexico, intitolato “The Effects of Consuming Cannabis Flower for Treatment of Fatigue”, evidenziando l’efficacia della cannabis terapeutica contro la stanchezza in generale… potrebbe quindi dimostrarsi utile anche nel trattamento della stanchezza cronica?
CANNABIS E LUOGHI COMUNI
Spesso si è portati a pensare che l’uso frequente di cannabis si traduca in una diminuzione dell’attività mentale e fisica e della competitività, una mancanza di motivazione nel perseguimento degli obiettivi e un aumento di incidenza della cosiddetta “sindrome amotivazionale“, come spiegano nel lavoro in oggetto i ricercatori della University of New Mexico, questo studio dimostrerebbe però che si tratta di un semplice luogo comune, ovvero di una credenza che non è supportata dall’evidenza.
C’è di più, nello studio si sottolinea anche che la stanchezza è una condizione frequente in molti tipi di malattie come: dolore cronico, cancro, morbo di Parkinson e sclerosi multipla e diverse ricerche scientifiche hanno evidenziato livelli di energia aumentati una volta data la capacità legale di acquistare e consumare cannabis terapeutica e dopo aver sostituito altre classi di farmaci (ad es. oppiacei, sedativi, antidepressivi) con la stessa.
CANNABIS E STANCHEZZA: OBIETTIVI DELLO STUDIO
L’obiettivo della ricerca pubblicata online il 13 aprile u.s. era misurare in che modo i prodotti a base di infiorescenze di cannabis disponibili in commercio negli USA influiscono sulla sensazione di affaticamento: un totale di 1.224 persone ha registrato 3.922 sessioni di autosomministrazione di infiorescenze di cannabis tra il 6 giugno 2016 e il 7 agosto 2019.
“Le sessioni di utilizzo includevano cambiamenti soggettivi in tempo reale nei livelli di intensità della fatica prima e dopo il consumo di cannabis, le caratteristiche delle infiorescenze (fenotipo etichettato, livelli di potenza dei cannabinoidi), il metodo di combustione e qualsiasi potenziale effetto collaterale sperimentato”.
RISULTATI DELLO STUDIO
Dallo studio apprendiamo che: “In media, il 91,94% delle persone ha sperimentato una diminuzione dell’affaticamento dopo il consumo con una riduzione media dell’intensità dei sintomi di 3,48 punti su una scala analogica visiva da 0 a 10 […]”.
Dallo studio emerge poi un dato che potrebbe sorprendere: “Sebbene i fenotipi vegetali etichettati (“C. indica”, “C. sativa” o “ibrido”) non differissero per il sollievo dai sintomi, le persone che usavano le comuni canne per bruciare l’infiorescenza hanno riportato un maggiore sollievo dai sintomi rispetto agli utilizzatori di pipe o vaporizzatori.”
Leggiamo: “Tra i livelli di cannabinoidi, i livelli di tetraidrocannabinolo e cannabidiolo non erano generalmente associati a variazioni dei livelli di intensità dei sintomi.
L’uso di cannabis è stato associato a diversi effetti collaterali negativi che corrispondono a un aumento della sensazione di affaticamento (ad es. sentirsi immotivati, bloccati sul divano) in una minoranza di consumatori (<24% degli utenti), con un numero leggermente maggiore di utenti (fino al 37%) che hanno sperimentato un effetto collaterale positivo che corrisponde a un aumento di energia (ad es. sentirsi attivi, energici, vivaci o produttivi).”
CANNABIS E STANCHEZZA: CONCLUSIONI DELLO STUDIO
I risultati pubblicati nello studio suggeriscono che: “la maggior parte dei pazienti sperimenta una diminuzione dell’affaticamento dovuto all’utilizzo di infiorescenze di cannabis in vivo, anche se l’entità dell’effetto e l’entità degli effetti collaterali sperimentati probabilmente variano con gli stati metabolici degli individui e le proprietà chemiotipiche sinergiche della pianta.”
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Fonte: www.dolcevitaonline.it