Nel paese è prodotto anche il cosiddetto “Paraguayo,” un mattone di erba che si può trovare nel Sud America a prezzi stracciati ed è considerata una delle peggiori qualità di cannabis attualmente in circolazione.
Sebbene la sua forma lo renda più facile da trasportare, il processo di confenzionamento influisce in vari modi sul prodotto finale—alterando in maniera significativa le caratteristiche della cannabis, come hanno spiegato esperti, coltivatori, attivisti e agenti di polizia.
Per realizzare il mattone la cannabis viene pressata con macchinari rudimentali fatti di legno e metallo, che spesso sono sporchi o mal tenuti.
La cannabis è poi mischiata con marmellata o bevande simili alla Coca-Cola per cercare di legare il composto; questo però rende il mattone bagnato, e di conseguenza si possono formare funghi o batteri.
Dentro il “Paraguayo” si possono inoltre trovare dei semi, che una volta pressati rilasciano uno sgradevole odore di urina, e altre sostanze chimiche—soprattutto residui che provengono dall’industria agrochimica che lavora la soia e il mais.
All’interno del paese la reputazione del “Paraguayo” è così pessima che praticamente nessuno lo fuma: oltre a essere troppo forte e provocare la nausea, è davvero impossibile sapere cosa ci sia dentro ogni mattone. Per tutti questi motivi viene quasi esclusivamente esportato: il commercio è gestito dalla gang brasiliana Primeiro Comando da Capital (“Primo ordine della Capitale”), che controlla gran parte del traffico di cannabis in Paraguay.
Alcune associazioni locali di coltivatori di cannabis sostengono che solo una completa legalizzazione può risolvere questo problema. Il possesso è stato depenalizzato oltre trent’anni fa, mentre nel 2018 è stata legalizzata la produzione di cannabis terapeutica; la coltivazione, tuttavia, è ancora illegale. Nonostante ciò, si stima che circa 20mila famiglie in tutto il paese si sostengano in questo modo.
Cenni storici
La storia del Paraguay nell’import/export e nella lavorazione di droghe illecite, insieme alla coltivazione ed esportazione di cannabis, risale alla fine degli anni ’60, quando la coltivazione della cannabis si stabilì nel dipartimento di Amambay, intorno alla città di Pedro Juan Caballero, alla frontiera nord-orientale con il Brasile. Allo stesso tempo, le autorità centrali venali e assetate di denaro hanno scoperto che questo commercio permetteva loro di finanziare una struttura politica locale corrotta, fortemente dipendente da flussi di cassa illegali e strettamente legata al sistema del caudillo preesistente.
Gli anni ’60 e ’70 hanno assistito al decollo di organizzazioni di traffico di droga in stile mafioso in Paraguay. Questo modello è stato sostenuto da una crescente domanda regionale di cannabis, mentre le imprese criminali hanno beneficiato dell’espansione verso nord-est della frontiera agricola, della creazione di nuove strade da Asuncion al Brasile e dell’immigrazione brasiliana nei dipartimenti di Concepción, Amambay, Canindeyú e Alto Paraná . I “brasiguayos”, come vengono chiamati gli immigrati in questa regione del Paraguay, hanno beneficiato di crediti agricoli, costi del lavoro locali a basso costo, mancanza di regole sul lavoro e una pervasiva assenza dello Stato.
I dipartimenti di San Pedro, Alto Paraná, Canindeyú y Concepción – tutti alla frontiera con il Brasile – sono quindi direttamente influenzati dai narcotrafficanti che operano nell’assoluta impunità, attirando nella loro rete sia gli enti locali (sindaci, parlamentari, funzionari, polizia e personale militare), nonché gli uomini d’affari che articolano la produzione di cannabis e il commercio triangolare di cocaina dalla Bolivia ai mercati europei e sudamericani. Inoltre, gestiscono anche una potente rete nascosta di riciclaggio di denaro.
Proprietari terrieri, lavoratori dei trasporti, sicari e società di sicurezza privata, intermediari che proteggono le aree di coltivazione e le piste di atterraggio, tra gli altri, hanno creato una catena di produzione integrata che secondo il SENAD rappresenta 800 milioni di dollari solo nei movimenti di cocaina. Le stime del raccolto locale di marijuana, effettuate nel contesto del presente studio, consentono ulteriori 709,5 milioni di dollari di esportazioni di cannabis. Sommate insieme, queste cifre si avvicinano molto ai 1.594,2 milioni di dollari che il Paraguay guadagna dai semi di soia, la sua principale esportazione legale.
Quarant’anni fa, la coltivazione della cannabis era un’occupazione ben nascosta e relativamente minore nei due dipartimenti di Amambay e Alto Parana. Dopo 40 anni di intensa “guerra alla droga”, ora ci sono otto dipartimenti coinvolti nell’attività, con tassi di omicidi in aumento, assenza di intervento della politica statale, trafficanti di droga infiltrati nelle strutture politiche locali e milioni di dollari che vengono spartiti da organizzazioni terroristiche, una nuova catena di servizi legati al commercio illecito e, in misura molto minore, piccoli agricoltori soffocati da ripetute crisi.
Fonte: www.tnig.org
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