Letteratura: “Flash, il grande viaggio”di Charles Duchaussois

Introduzione:
Le droghe alla fine degli anni Sessanta sono un mondo intero in cui il quasi trentenne Charles Duchaussois si catapulta innanzitutto come venditore.
Ha il physique du rôle – ha perso un occhio a quattro mesi per la scheggia di una bomba e sfregiato in faccia – e una certa tendenza al rischio e alla delinquenza, un gusto estremo per le sfide, lecite o meno, e per l’avventura.
Dalla Francia al Libano, dal Libano alla Turchia, dalla Turchia all’Afghanistan, al Kuwait, all’India, al Nepal, una serie di peripezie degne di un romanzo picaresco porteranno il ragazzo che la sapeva più lunga di tutti a incontrare trafficanti, hippie e ambasciatori e a sperimentare hashish, oppio, morfina, eroina, Lsd, anfetamine, fino al bordo della follia e della morte.
Né apologia, né testimonianza intrisa della vergogna del pentito, questo “viaggio al termine della droga”, come lo ha definito il suo autore, racconta in prima persona l’estasi e i disastri del ‘grande viaggio’  interiore e di quello attraverso il mondo in un’epoca in cui i giovani occidentali andavano a giocare col fuoco dell’Oriente.

Descrizione :

Charles è un giovane che non trova la sua via nella Francia della fine anni sessanta, passa da un lavoro all’altro da un guaio ad un altro, decide di tentare la fortuna emigrando in Tunisia e da lì inizia un viaggio avventuroso che ogni giorno sposta un po’ più in la non solo i confini geografici ma anche quelli delle esperienze che il giovane cerca ad ogni costo.
Attraversa vari paesi nel vasto Oriente ed arriva infine in Nepal, dove la droga non è illegale e costa pochissimo.
Presto la droga sarà una compagna di viaggio dapprima gradevole e occasionale poi diventerà una opprimente necessità, un bisogno che divora .
L’autore percorre l’inferno della tossicodipendenza e dei suoi mondi fatati ed illusori, quelli che portano alla degradazione e alla distruzione di un essere umano , che sacrifica la sua gioventù sull’altare di un male che ha tanti nomi , hashish, oppio, eroina , metedrina, LSD, ma un solo risultato: cullare le sue vittime tra il sogno e l’incubo, spostandoli ogni volta un passo più vicino alla morte, Charles prova tutte queste droghe in quantità tali da chiedersi come possa un essere umano sopravvivere a tutto questo. É bellissimo Il racconto  del viaggio avventuroso attraverso nazioni, popoli e culture diverse che il desiderio di scoperta che spinge il protagonista a cercare sempre nuove esperienze con la droga pur nella consapevolezza (nei momenti di lucidità) di stare realizzando un avventuroso suicidio e anzi ad un certo punto suicidarsi attraverso al droga diventerà lo scopo della sua esistenza, convinto di non avere un futuro e di non valere niente come uomo.
Ci sono molti riferimenti e molti personaggi che parlano della cultura hippies di quel periodo ma sarebbe riduttivo fermarsi a questo, Charles non è un hippie nel vero senso della parola, ne abbraccia alcune consuetudini, spesso per mera convenienza più che per convinzione, ma va per la sua strada, quella tracciata dalle sue debolezze e dalle sue prove di forza, ogni giorno combatte una nuova battaglia , spesso contro nemici immaginari creati dal suo stato mentale alterato e da un fisico ormai allo stremo delle forze .
Il racconto di Charles è diretto, crudo, essenziale, senza vergogna e senza falso pietismo o autocompatimento, descrive il Nepal, e in particolare la
sua capitale, Katmandu: traffici, usanze, tradimenti, atti di generosità in una terra dove la morte si compra a poco prezzo e la vita sembra valere ancora meno.

Sono passati tanti anni dal racconto di Duchaussois ma certi percorsi mentali e umani sono rimasti gli stessi, la droga ha cambiato le sirene ammaliatrici ma queste cantano sempre la stessa canzone di morte, in certi momenti fa quasi rabbia leggere del trasporto con cui Charles racconta del bisogno di drogarsi, di evadere dalla realtà, dai problemi, per “viaggiare” in un mondo proprio in cui sembra di fare un’esperienza emozionante ma che inganna nella sua falsità.
Un’esperienza ad altissimo rischio, alla fine della quale l’autore riuscirà solo per miracolo a riprendersi la vita.

Fonte: www.nutrimenti.net

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