💥 EasyJoint assolta: schiaffone legale al DDL Sicurezza e figuraccia epica del proibizionismo da salotto 🌿⚖️
Parma – Maggio 2025.
Segnatevi questa data perché, nella storia giudiziaria italiana, sarà ricordata come il giorno in cui la realtà ha tirato uno schiaffo in faccia all’ipocrisia istituzionale. EasyJoint, storico marchio italiano della cannabis light, è stata completamente assolta dal tribunale di Parma. E no, non è un pesce d’aprile in ritardo. È un bel calcio negli stinchi a sei anni di persecuzione legale costruita sul nulla. O meglio, sul pregiudizio condito con ignoranza e un pizzico di furore ideologico da anni ’50.
🚨 Sei anni per dimostrare che la canapa… non è cocaina. Complimenti alla lentezza della giustizia (e all’assurdità del sistema)
Luca Marola, imprenditore, attivista e fondatore di EasyJoint, ha finalmente visto riconosciuta la realtà dei fatti: la cannabis light non è droga. Punto. E se vi sembra ovvio, sappiate che ci sono voluti sei anni di calvario giudiziario per ribadire l’ovvio davanti a un giudice.
«Una inchiesta grottesca iniziata nel 2019 con un maxi-sequestro di 600 chili di canapa», racconta Marola, ancora incredulo che l’Italia abbia impiegato solo un intero lustro per capire che sotto lo 0,5% di THC non ci si sballa manco se ci fai il bagno. Ma guai a sottovalutare la creatività repressiva del nostro apparato giudiziario, sempre pronto a costruire castelli di carta con i soldi dei contribuenti.
E non parliamo di quisquilie: 2 milioni di euro in prodotti distrutti, cinque anni di mancati guadagni e un’azienda che era la prima in Italia per fatturato nel settore della cannabis light ridotta in cenere. Il tutto per un’accusa che, col senno di poi, farebbe ridere anche in una fiction di Don Matteo.
👨⚖️ “Spaccio di cosa? Di fiori secchi che non sballano?”
Il procuratore capo di Parma, Alfonso D’Avino, ci ha creduto fino alla fine. Ha chiesto 4 anni e 10 mesi di carcere e una multarella da 55.000 euro, come se Marola fosse un narcotrafficante col jet privato. Spoiler: il tribunale non ha bevuto il teorema.
E sai che c’è? Se la giustizia fosse un reality show, questa sarebbe la puntata in cui il concorrente più arrogante viene eliminato con il 99% dei voti.
🎭 Il DDL Sicurezza travestito da legge anti-droga: quando l’assurdo diventa norma
Ma perché questo processo è così importante? Perché è il primo grande cazzotto al DDL Sicurezza del governo Meloni-Salvini, il decreto che pretende di trasformare ogni fioraio di cannabis light in un Pablo Escobar in erba.
La logica contorta del DDL è semplice: la cannabis è droga a seconda di come la guardi.
Se la usi per fare cuscini profumati, va bene. Ma se osi venderla al dettaglio, diventa improvvisamente “stupefacente”, anche se ha meno THC di un bicchiere d’acqua di rubinetto. È come dire che un coltello da burro diventa arma letale solo se lo compri al supermercato.
📜 La sentenza: una liberazione per il buon senso
«La formula di assoluzione è piena, la migliore possibile. Non è stato provato nessun effetto stupefacente.»
– Avv. Giacomo Bulleri
Tradotto: la cannabis light non sballa, quindi non può essere considerata una droga.
Un concetto troppo complicato per i fan della repressione a ogni costo.
E ora che succede? Succede che questo verdetto fa da precedente. E se i tribunali continueranno su questa linea, ogni altro tentativo di criminalizzare i venditori di cannabis light sarà destinato ad affondare. Proprio come la credibilità del DDL Sicurezza.
🧨 Una vittoria che esplode in faccia al proibizionismo
La realtà è semplice: la guerra alla cannabis light è una guerra ideologica, non sanitaria né giuridica. È un tentativo disperato di tenere in piedi un castello di bugie costruito su paure irrazionali, moralismo da bar e campagne elettorali urlate.
Il caso Marola svela tutto questo. E lo fa con la forza devastante della verità giudiziaria: quando un fiore non droga, non è droga. Fine.
🧹 E ora chi paga il conto?
Se fosse una storia a lieto fine, ora EasyJoint riceverebbe un risarcimento milionario, D’Avino scriverebbe delle scuse su carta intestata e il Parlamento riscriverebbe le norme. Ma siamo in Italia. Più probabile che qualcuno proponga un nuovo emendamento per sequestrare le piante di basilico se sembrano troppo “rilassanti”.
Nel frattempo, Marola e il suo team raccolgono i cocci, ma con l’orgoglio di chi ha vinto una battaglia storica. E con la consapevolezza che ogni grammo di cannabis light venduto da oggi ha alle spalle una sentenza che sbugiarda l’intero impianto repressivo.
🥦 In breve: un fiore non è un crimine
Questa vicenda dovrebbe far riflettere anche i più scettici. E magari anche quei giornalisti “seri” che fino a ieri scrivevano con tono allarmato delle “piantine vendute ai ragazzini”. La cannabis light è un mercato legale, regolato, e oggi anche tutelato dalla giurisprudenza.
Il proibizionismo, invece, è un museo di cera che continua a ricevere fondi pubblici.
La sentenza di Parma non è solo una vittoria legale. È un urlo potente e sarcastico contro la stupidità legislativa.
Ed è solo l’inizio. Perché ogni volta che proveranno a riportare indietro le lancette della libertà, ci sarà sempre qualcuno pronto a farle saltare in avanti.
📣 Diffondi questa notizia come se fosse uno spinello acceso in un festival di reggae: va passata a tutti.
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