Sono tantissime le persone che, ogni giorno, si approcciano alla coltivazione della cannabis. In particolare i semi autofiorenti sono in grado di garantire il raccolto in tempi brevi.
Le autofiorenti, inoltre, non sono fotoperiodiche e per questo sono adatte anche ai principianti. Un fattore importante per garantire il germogliamento dei semi è il substrato del terreno, scopriamo come deve essere composto!
Terriccio leggero? Sì, grazie!
Il primo consiglio da tenere presente quando si inizia a coltivare la cannabis autofiorente riguarda il focus su un terriccio il più possibile leggero. Un’altra caratteristica dalla quale non si può prescindere è l’areazione. In linea di massima, bisogna ricordare che, rispetto alle piante fotoperiodiche, le autofiorenti richiedono una quantità di nutrienti decisamente inferiore.
Il già citato criterio della leggerezza è cruciale. Nei casi in cui il terriccio è eccessivamente pesante, si ha a che fare con un’oggettiva difficoltà nell’accesso, da parte delle radici della pianta, a un’adeguata quantità d’aria.
Gli ingredienti giusti
A questo punto ti starai senza dubbio chiedendo quali siano gli ingredienti specifici per il terriccio adatto alle piante autofiorenti. L’optimum prevede il fatto di scegliere le seguenti opzioni, rispettando le proporzioni:
- Tre parti di torba;
- Tre parti di compost;
- Due parti di perlite.
Consigliabile è aggiungere anche una parte di vermiculite. Quest’ultima può rivelarsi decisiva ai fini dell’ottimizzazione della leggerezza del terreno. Inoltre, aiuta tantissimo a trattenere l’acqua.
Come gestire i fertilizzanti
Quando si ha a che fare con le cannabis autofiorente bisogna mettere in primo piano la moderazione per quanto riguarda i nutrienti. Ciò implica, in concreto, il fatto di non esagerare con la più famosa tra le soluzioni fertilizzanti, ossia l’azoto. Il rischio, così facendo, è quello di bruciare le radici delle piante.
Il pH perfetto (e come regolarlo)
Non c’è che dire: sono diversi i fattori da considerare quando si parla di scelta del terriccio perfetto per coltivare la cannabis autofiorente. Uno dei più rilevanti riguarda ovviamente il pH. Il valore ottimale di acidità va da 6,2 a 6,5. Nodale è ricordare l’esistenza di diverse circostanze in cui è necessario apportare una piccola correzione. Le strade più utili al proposito vedono in primo piano lo zolfo. Questo minerale, associato al numero atomico 16, aiuta ad abbassare i livelli di acidità del terriccio impiegato per la coltivazione di piante di cannabis. Attenzione, però: per ottenere risultati, è bene armarsi di pazienza. Si viaggia infatti nell’ordine di mesi. Se si ha intenzione di bypassare questo ostacolo, si può ricorrere al solfato di alluminio.
Un’altra alternativa da considerare per ottimizzare il pH del terriccio in sede di coltivazione della cannabis autofiorente riguarda l’acqua. Grazie all’acido fosforico, lo si può abbassare. Un’opzione utile per alzarlo è invece il bicarbonato di sodio.
Nelle situazioni in cui si ha a che fare con un terriccio eccessivamente alcalino e si decide di irrigarlo con acqua leggermente acidificata, è bene non utilizzarla troppo onde evitare di provocare danni alle radici.
Concludiamo ricordando l’importanza del ricorso a parassiti predatori dei nematodi. Questi vermi cilindrici di dimensioni estremamente ridotte – parliamo di circa 0,2 millimetri – sono noti per i danni che provocano alle piante di cannabis.
Da non dimenticare è infine la possibilità di aggiungere al mix del terriccio la fibra di cocco (la proporzione ideale va dal 25 al 50%). Come mai questo materiale, che ha il vantaggio di essere inerte indi privo di azoto, è utile? Per diversi motivi. Tra questi, rientra la sua capacità di dare un notevole boost alla crescita della massa delle radici.